Psicodramma e integrazione del corpo nella psicoterapia di gruppo
Lo psicodramma è una tecnica di psicoterapia di gruppo che prevede l’utilizzo intensivo del corpo, per rimettere in scena con strumenti presi in prestito dal teatro e dalla recitazione i ricordi e i sogni. Questa metodica, infatti, ha in comune con l’analisi attraverso il gruppo, come descritta da Foulkes, il rispecchiamento reciproco dei membri del gruppo e permette l’emergere delle dinamiche relazionali. In un gruppo di psicodramma osserviamo che la scena drammatizzata ha la funzione di chiarire ed evidenziare l’interazione fra tre vertici di osservazione:
- La dinamica di gruppo, rappresentata dai ruoli assunti da ciascun membro e dai ruoli che ciascun membro attribuisce agli altri
- La storia personale di ciascuno, costruita sulla base dei ruoli assunti da ciascuno o da persone significative per lui nella storia passata
- I ruoli interni, cioè parti coscienti e inconsce, potenziali o sviluppate, che rappresentano funzioni intrapsichiche di ciascun membro del gruppo
L’interazione fra questi tre punti dà luogo alla scena drammatizzata. Lo psicodramma agisce quindi sulla matrice dinamica del gruppo, per influenzare la matrice personale degli individui, che a sua volta viene rivisitata attraverso le matrici personali degli altri membri.
L’efficacia dello psicodramma è fondata sull’evidenza scientifica degli engrammi cinestesici: quando immagazziniamo un ricordo esso comprende gli elementi percettivi, come vista, parole udite, suoni eccetera, ma anche elementi propriocettivi legati ai movimenti effettuati e sensazioni emotive. Quando rimettiamo in scena un evento vissuto, effettuando i movimenti e pronunciando le parole che ricordiamo dell’evento reale, viene rievocata anche la memoria emotiva dell’evento.
Ogni partecipante ha la possibilità di mettersi in gioco in prima persona, drammatizzando aspetti di sé e scene della propria vita passata, rivivendole, per comprendere meglio il proprio mondo interno, le emozioni che vengono elicitate, la propria storia personale e nel contempo le relazioni con gli altri membri e le dinamiche del gruppo, costituito precedentemente e quindi con dinamiche e una matrice già strutturate.
Lo psicodramma si costituisce perciò come un’esperienza di terapia unica e straordinaria con grande valenza terapeutica e risonanza emotiva.
PRESENTIFICAZIONE O RIVIVISCENZA
Ciò che caratterizza il gioco psicodrammatico è che si basa sulla concretizzazione dei problemi attraverso la messa in scena di eventi come si sono svolti in origine. Le scene appartengono in genere alla storia passata del protagonista o al suo mondo interno; egli sceglie altri membri del gruppo per interpretare le parti e dà loro istruzioni per drammatizzare la scena esattamente come la ricorda.
La rappresentazione agita della scena permette, a differenza della narrazione esclusivamente raccontata, di riprodurre gli elementi essenziali delle componenti verbali, mimiche, gestuali, di struttura spaziale, temporale e relazionale. Questo dà la possibilità di riviverla, come se accadesse di nuovo, e di sperimentare le emozioni e i vissuti provati in quella specifica situazione.
Vediamo un esempio:
C. gioca una scena relativa a quando aveva cinque anni. È il giorno del suo compleanno, lui si sveglia e corre nel letto dei genitori, dove trova la madre pronta ad accoglierlo, con un regalo. Il padre è assente, si è già recato al lavoro. Nella drammatizzazione della corsa e dell’abbraccio con la madre, C. si muove ed agisce esattamente come se fosse un bambino di cinque anni, rivivendo il momento di allora. Grazie alla guida del conduttore, riesce a fare luce sui sentimenti che ha provato, perché li avverte anche nel qui ed ora, grazie al fenomeno della riviviscenza: sente la gioia e il senso di protezione suscitati dall’abbraccio della madre, l’aspettativa di vivere un giorno speciale perché è il suo compleanno e anche la rabbia e la delusione nei confronti del padre, che non è presente in quel momento.
C. ha perso il padre qualche mese prima e questa scena gli permette di analizzare sia il profondo senso di mancanza correlato al lutto recente, sia la rabbia nei confronti del padre per la sua assenza. Se C. non avesse rivissuto la scena di quando aveva cinque anni e non avesse esperito nuovamente i sentimenti di allora esattamente come li provava, sarebbe stato più difficile per lui far luce sui sentimenti attuali e in particolare permettere l’emergere della rabbia.
CAMBIO DI RUOLO
Rigiocando la scena del compleanno nel ruolo del padre, C. sente il dispiacere di non essere presente al risveglio del figlio e si sente combattuto tra il dovere di un lavoro impegnativo e il desiderio di essere presente al momento di gioia del bambino. Questo permette a C. di osservare le cose da un altro punto di vista e di comprendere meglio le motivazioni del padre, ridimensionando la sua rabbia. La tecnica del cambio di ruolo permette al protagonista di abbracciare un punto di vista differente dal proprio, interpretando la scena nella parte di un altro personaggio, e di analizzare la scena giocata attraverso nuovi spunti. È molto importante valutare quali personaggi mettere sulla scena e con quali invitare il protagonista a cambiarsi di ruolo, perché i personaggi della storia passata del paziente sono anche personaggi del suo mondo interno e bisogna stabilire quali siano le parti di sé di cui è più utile per il paziente riappropriarsi.
ATTIVAZIONE DI ENGRAMMI CHINESTESICI
Molti studi, a partire dagli anni settanta, supportati da riscontri di neuroimaging e neurofisiologia hanno dimostrato che il neonato già nelle prime settimane ha una tendenza spiccata a riprodurre i movimenti degli adulti. Questo lo porta da un lato a costruire ciò che Meltzoff definisce mappe intermodali attive (cioè a costruire delle integrazioni di informazioni visive, acustiche e propriocettive) dall’altro lato, grazie alla risonanza motoria – la simulazione incarnata della teoria dei neuroni specchio di Gallese – a potersi rappresentare per la prima volta le intenzioni e le emozioni degli altri esseri umani. Il neonato elabora così la prima forma di intersoggettività e socialità e forma un primo schema di memoria autobiografica, che passa attraverso il corpo e la capacità di movimento. Ognuno di noi ha un proprio schema motorio, articolato e personale, che origina dalle esperienze personali e da aspetti legati al corpo e al movimento che vengono tramandati a livello sociale, specifici per cultura. La rappresentazione personale dei movimenti è alla base dell’empatia profonda e della creatività.
SEQUENZE DI SCENE
Generalmente in psicodramma si lavora su sequenze di scene, non su episodi singoli. Il passaggio da una scena ad un’altra si effettua tramite libere associazioni del protagonista, mediate dall’intervento del conduttore. La tecnica prevede di proporre scene che vadano sempre più in profondità nella storia del protagonista e nelle dinamiche familiari, cercando di cogliere gli spunti più interessanti da seguire basandosi sulla sensibilità e sull’intuito del conduttore.
SCENA VIRTUALE
Si tratta di scene non direttamente vissute dal protagonista, ma che entrano comunque a far parte del suo mondo interno. A differenza di quanto accade nello psicodramma classico moreniano, lo scopo delle scene virtuali non è di realizzare i desideri del protagonista per gratificarlo o rinforzarlo, ma di analizzare l’origine dei ruoli interni del protagonista, permettendogli di attivare i propri ruoli attivi reali.
Le scene virtuali possono essere di tre tipi:
- Scene future o alternative: sono scene non ancora avvenute, che per qualche motivo preoccupano il paziente oppure scene avvenute in cui il paziente non si è comportato nel modo in cui avrebbe voluto comportarsi
- Scene raccontate: il paziente in questo caso gioca qualcosa che non ricorda perché non l’ha vissuto, ma che ha ricostruito nella propria mente perché gli è stato raccontato.
Queste scene sono strutturate anche dalla matrice e dalla cultura familiari e aiutano ad analizzare gli aspetti transgenerazionali - Scene partecipate: avvengono quando un paziente assiste a uno spettacolo o legge un libro e si immedesima nei personaggi al punto di voler giocare una scena. Sono scene fortemente caratterizzate dalla proiezione.
TRANSGENERAZIONALE
Le tecniche di psicodramma e la teoria dei ruoli sono particolarmente adatte per esplorare le dinamiche familiari e gli aspetti transgenerazionali, costituendo un elemento di continuità tra mondo interno e transpersonale. Vediamo un altro esempio in cui lo psicodramma ha messo in luce dinamiche familiari transgenerazionali.
I. racconta una scena risalente a quando aveva quattro anni, in cui, affidata al nonno paterno, si è persa e ha deciso di tornare a casa da sola, attraversando una grande strada molto trafficata.
I. gioca la scena dell’attraversamento ed emergono sia la paura per la difficile impresa e per la solitudine in cui si trova, sia il timore di essere rimproverata perché si è persa al suo ritorno a casa. I. gioca poi l’arrivo a casa, sono presenti la nonna paterna, estremamente spaventata e preoccupata e il padre, che invece sostiene l’autonomia di I. e le sue capacità, pur essendo così piccola, affermando che un altro bambino di quell’età si sarebbe seduto in un angolo a piangere, mentre I. grazie alla sua intraprendenza era riuscita a tornare a casa da sola. La reazione del padre così differente da quella della nonna, spinge il conduttore ad indagare le modalità in cui è stato cresciuto il padre e propone ad I. una scena virtuale dell’infanzia del padre.
I. interpreta il padre che va a giocare a calcio con gli altri bambini e la nonna appare come una madre molto ansiosa e che non permette al figlio di vivere esperienze gratificanti a causa della propria paura.
Il fatto di aver dovuto rinunciare a momenti di gioia nella propria infanzia a causa dei timori materni, ha portato il padre di I. a non voler far trasparire la propria paura, ma a sostenere in modo molto forte l’autonomia della figlia, per permetterle di esplorare il mondo e vivere esperienze senza paura.
DOPPIAGGIO
Una delle funzioni principali del conduttore è quella del doppiaggio. Il conduttore si posiziona alle spalle del protagonista, in contatto fisico con lui per segnalare la continuità tra i due e perché possa essere percepibile per il conduttore lo stato emotivo del protagonista e per il protagonista il sostegno del conduttore. Il doppiaggio viene effettuato in prima persona e prevede l’immedesimazione del conduttore nel paziente, non è un dialogo.
Durante il doppiaggio particolare attenzione va posta alla parte bambina del paziente, che va rassicurata e protetta, in modo che la parte adulta possa continuare ad esplorare.
SOGNO
Se si decide di giocare il sogno, generalmente si procede con un metodo specifico, che comprende un minimo di tre scene: inizialmente si procede giocando l’antefatto del sogno, che è considerato la risposta notturna ad un avvenimento significativo del giorno precedente (causa scatenante) che ha lasciato un problema aperto. La seconda scena è il sogno stesso, prestando grande attenzione alla scelta dei personaggi con cui proporre il cambio di ruolo, considerando che tutti i personaggi del sogno rappresentano ruoli interni del sognatore, ma che effettuare tutti i cambi sarebbe confusivo e permetterebbe un’esplorazione solo superficiale e non di riappropriarsi di determinate parti di sé. La terza scena è una scena reale del paziente, che sia in qualche modo associata al problema focale messo in luce dal sogno e dall’evento diurno scatenante, che spesso è collegato alla storia remota del paziente.
L’esperienza di psicodramma a livello emotivo risveglia in ciascuno dei partecipanti vissuti che erano sepolti in profondità e su cui altrimenti non sarebbe possibile lavorare. A livello formativo fornisce ai terapeuti strumenti di lavoro utilizzabili con i pazienti e originali. Il lavoro sul gruppo, la condivisione empatica di esperienze dolorose e intime, contribuiscono a consolidare le relazioni all’interno del gruppo, favorendo il clima di condivisione e comprensione e permettendo di sperimentare relazioni riparative.
Dottoressa Ilaria Marelli
Medico Chirurgo, Psicoterapeuta